OZMO PROJECT: Al suono delle trombe

L’INTERVENTO DI OZMO

TRIBUNALE DI RIETI

Osservare, ascoltare, comprendere, Ozmo ha esplorato la città di Rieti per abbracciarne la storia, la cultura, le opere più significative, per conoscere miti e leggende, tradizioni entrate a far parte della memoria cittadina. Ispirato dall’affresco dei fratelli Torresani, Il Giudizio Universale, conservato a Rieti, nell’Oratorio di San Pietro Martire, l’artista è riuscito a catturare la fatica e la sofferenza con cui i santi si impegnano a salvare le anime periclitanti, con un lembo di mantello, con le perle di un rosario, che ogni preghiera possa essere d’aiuto.

Nel Ratto delle Sabine del Giambologna, Ozmo ha colto la violenza e la drammaticità di un rapimento, la potenza racchiusa nei corpi giovani e la resa di un corpo senile, sulle cui spalle pesano non solo gli anni, ma anche tutti i mali e le angosce del genere umano. Pur traendo ispirazione dal passato, da due gesti simili ma profondamente diversi, dono di salvezza l’uno, dono di schiavitù l’altro, Al suono delle trombe è un’opera quanto mai attuale, che ricorda a tutti noi lo scorrere del tempo e l’esaurirsi inevitabile delle possibilità di rimediare agli errori fatti, non solo nella sfera individuale, ma anche in scala globale.

Un’opera, quella realizzata sulle pareti del Tribunale di Rieti, che sintetizza perfettamente l’evoluzione dell’arte urbana, nata come non autorizzata, e da diverso tempo, invece, in grado di dialogare con le istituzioni e con la collettività. Un lavoro site-specific che conferma le potenzialità della street art, in grado di elevarsi ad arte pubblica, a monumento consegnato alla città e ai suoi abitanti.

CHI È OZMO

Pseudonimo dell’artista italiano Gionata Gesi. Considerato uno dei pionieri e più importanti esponenti della street art in Italia, il suo lavoro si caratterizza per l’appropriazione e il remix di immagini provenienti da molteplici fonti iconografiche. Fumetto, pittura accademica e writing sono i tre ambiti della prima formazione dell’artista, cresciuto a Pisa e poi trasferitosi a Firenze per frequentare dell’Accademia di Belle Arti.

In questa sede approfondisce la conoscenza di writer fiorentini, tra cui Etnik, con cui si dedica alla pratica dei graffiti per quasi un decennio, sino al 1998, quando hanno la meglio interessi verso la pittura a olio e le nuove tecnologie. A tradire una pronunciata propensione verso il mondo della figura è già all’epoca dei graffiti la scelta dello pseudonimo “Ozmo”, nel quale le estremità sono funzionali a contenere inserti figurativi (puppets).

Nel 2001 Ozmo si trasferisce a Milano e qui, parallelamente a una ricerca pittorica portata avanti con il mondo delle gallerie, si ritaglia un ruolo da protagonista nella fase pioneristica della street art italiana. Con altri artisti quali Bo130, Microbo, 2501 e Abbominevole – con quest’ultimo installa nel 2003 i primi con bastone telescopico – inaugura una nuova epoca per l’arte urbana, dove alle ormai classiche bombolette spray iniziano a essere affiancati strumenti e medium quali pennelli, sticker, stencil e poster.

La consapevolezza di contribuire a cambiare il ruolo dell’arte e l’impatto mediatico raggiunto lo convincono a proseguire il suo lavoro, durante i primi anni completamente abusivo, in strada. La ricerca artistica di Ozmo, espressa nelle forme di dipinti murali spesso di notevoli dimensioni, si basa su un’inesausta operazione di recupero, approvvigionamento e utilizzo di una notevole mole di materiale iconografico proveniente dalle più disparate sorgenti.

Sovrapposizioni di elementi del passato con simboli del contemporaneo, in un continuo apparato di rimandi e citazioni, plasmano l’organizzazione della scena, dove il valore e il ruolo delle immagini sono protagonisti delle opere su entrambi i livelli di significante e significato. La ricerca delle immagini parte dal cartaceo ma si avvale anche del fondamentale supporto della rete, attraverso il quale Ozmo riflette sul potere dell’immagine nella società contemporanea. Alla base della forma un disegno lineare dallo spiccato realismo grafico, rappresentato attraverso strumenti che sulla parete spaziano dallo spray alla pittura acrilica, su supporti mobili dalla matita ai pennarelli.

Questo eclettismo iconografico si riflette nell’agio dello spostamento tra contesti di intervento molto eterogenei, dai centri sociali ai musei, cercando sempre di mantenere saldo il cordone ombelicale con il luogo.

Tra gli esempi più significativi di tale attitudine vi è la monumentale parete realizzata nel 2015 a Breno, un piccolo comune della Val Camonica, dove a ergersi sui tetti delle case del paese è un’immagine della dea Minerva, ritrovata negli anni Ottanta sotto forma di effigie scultorea assieme ai resti del tempio a essa dedicato durante i lavori di scavo di una fognatura poco distante. Assieme a tale intervento, uno dei più grandi mai realizzati dall’artista, vale la pena ricordare quelli realizzati al Leoncavallo di Milano e in due luoghi simbolo della street art internazionale, quali Shoreditch a Londra e Wynwood a Miami.

Ma è soprattutto l’ingresso, nel 2012, in due dei musei di arte moderna e contemporanea più importanti in Italia, quali il Museo del Novecento di Milano e il Macro di Roma, a dare al lavoro dell’artista grande slancio all’interno di un ambito istituzionale.

Tra le committenze di aziende private particolare rilievo assumono gli interventi compiuti per Absolut e Prada.

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Foto di Marco Bellucci